Siamo veramente sicuri che Manzoni assomigliasse a quell’uomo perennemente di mezz’età, dallo sguardo grave e mesto, come nel celebre ritratto di Hayez, che lo ha reso inviso a una marea di studenti? E che il suo capolavoro, I promessi sposi, debba continuare ad essere sorbito come una medicina amara, che dobbiamo ingerire perché «fa bene»? Leggendo con attenzione le milleottocento lettere che ci ha lasciato e quelle di familiari e amici, l’impressione è che Manzoni fosse molto diverso.
